Bruno Sganga, giornalista enogastronomo, conduttore della trasmissione televisiva
la Verità nel Piatto, presenta al VI Festival Europeo del Gusto :
IL
MANIFESTO DELLE TAVOLE AMMUTINATE
- La nostra filosofia si basa su tutto ciò che nel mondo dell’agroalimentare prima e quindi nell’enogastronomia e turismo del gusto è istintivamente o culturalmente “ribelle” a quanto sentenziato da altri, soprattutto ove negli altri si cela una sottile e non sempre manifesta commercializzazione od un certo spirito di parte, invece d’un più premiante ed equilibrato buon senso insieme all’emozione di stare a tavola, piuttosto che d’una tavola ricca o meno che sia.
- Basta esasperazioni in cucina con abbinamenti e gusti tirati all’estremo pur di stupire…o alla tradizione camuffata da una innovazione che spesso sa soltanto di preparati e semilavorati pronti all’uso.
- Desideriamo mangiare, bere, ma digerire bene, senza l’invasione di piatti perfetti che spesso non sanno di nulla se non d’un idilliaco cromatismo e design, risultato di architetti d’una cucina senza anima e carattere.
- Desideriamo conoscere i prodotti, la capacità del loro uso nelle cucine, come della naturalità dei vini e dei loro vigneti senza esasperate alchimie in cantina, e quando i prodotti non sono stagionali sapere bene da dove provengono per limitare questa mania, sovente anche costosa, del tutto e sempre disponibile pur se insapore.
- Basta solo con quel tipo d’alta cucina con i suoi rituali inaccessibili, dei suoi protagonisti ampollosi e tronfi di se, con la loro catena dei cosiddetti grandi critici gastronomici ed onnipotenti, icona di un certo modo di intendere la gastronomia, i suoi giochi di potere e di spettacolare visibilità.
- Per quanto sia vero che la generazione d’oggi vive nel benessere, a parte l’attuale congiuntura, non va dimenticato di sfamare chi è affamato di fame ricordando che i consumatori per un verso sono più preparati di un tempo, ma d’altro canto ci sono fin troppi palati drogati (cornetti, gelati, ecc.), soggiogati da esaltatori di sapidità, zuccheri modificati od aromatizzati. O da quella tartrazina, colorante artificiale azoico, giallo limone (E102), che viene aggiunta nelle bevande gassate, caramelle alla frutta, budini, minestre confezionate, gelati, chewing gum, marmellate, mostarda, yogurt e in molti altri alimenti assieme alla glicerina, limone e miele, ed è causa di molte allergie od intolleranze soprattutto per asmatici e soggetti allergici all'aspirina, oltre che d’una iperattività infantile.
- Ci piace invece esaltare e sostenere quel pubblico di consumatori dotti e intriganti ma non modaioli, come quei passeggeri-visitatori curiosi, meglio se con scarso uso del navigatore…ma autentici, al pari di quelle categorie professionali e di settore con la volontà od il senso di riscatto per un mestiere, artigiano od industriale che sia, ove qualità e lealtà sono padrone ed il consumatore sceglie conoscendone le evidenti diversità ma senza inganni commerciali.
- Soprattutto basta con quel giornalismo enogastronomico ambiguo, spettacolare e presenzialista, preda di quella della mania dell’evento per cui si spostano folle di turisti e visitatori e dove ciò che conta è “guardare” ma non vedere, “partecipare” ma non conoscere e riconoscere, quasi solo per affermare che “io c’ero”.
- Vogliamo tenerci ben distanti da questo vizio diffuso nel giornalismo italiano odierno di settore, di spacciare opinioni per fatti e di basarsi su luoghi comuni e pregiudizi che, in quanto tali, non vengono nemmeno dimostrati, per non parlare quando la critica diventa militante (o faccendiera e di parte) per cui tutto è magnifico, maestoso, innovativo, interessante, bello, intelligente e soprattutto di tendenza…
- Non dimentichiamo che gli italiani sono tutti allenatori ben noti ma anche critici gastronomici…ma la critica è da sempre una delle attività più arbitrarie e discutibili, proprio perchè spesso pretende di dettare scale di valori in base a supposti criteri oggettivi che, per altro, non vengono mai esplicitati in quanto tali. Se la critica è un esame circostanziato di un fatto o di un'opera letteraria, scientifica, artistica, ecc, valutandone gli aspetti contenutistici, estetici e storici, si capisce che la funzione non è tanto o solo quella di giudicare, ma piuttosto di raccogliere informazioni offrendole con equità e buon senso al “lettore” e consumatore finale.
- Dell’affascinante mondo di cibi e vini, per noi l’essenziale è soprattutto raccontare dei territori, dei loro prodotti e materie primarie, e di saperli interpretare con quell’emozione basilare che si avverte dinanzi ad un’opera di qualità, sia essa un quadro, un libro, ecc, al pari d’un manufatto artigiano o d’un piatto che parlano di prodotti e tradizioni, come d’un vino o distillati che raccontano della propria terra.
- Dunque non basta una “raccolta di informazioni”, quanto il (buon) senso del gusto che si è provato insieme a quella suggestiva emozione per cui si distingue colui che mangia (per saziare la fame) da chi degusta mangiando, anche se per rispondere all’oggettiva necessità che l’appetito alimenta.
- Siamo tutti capaci, molto più semplicemente, di dire se una cosa ci piace o no, ma nessuno può assurgere a dichiarare senza possibilità di smentita che un piatto o un prodotto siano oggettivamente buoni senza anche tener conto degli usi alimentari e storici così diversi tra cucine e tradizioni (o sopraggiunte innovazioni) diversissime.
- Vogliamo chiederci e sapere quanto i critici sono liberi. Dalla giornalista-scrittrice sensualintrigante e critica alla già nota scoperta di “Striscia la notizia” che le stelle venivano vendute e che i critici vanno a mangiare a sbafo, non è una novità. Spesso è gente che critica il lavoro (di professionisti e non di rado Maestri del palato) anche se non hanno mai studiato, non hanno un diploma specifico, non sanno nemmeno come si inizia a lavorare nelle cucine. Critici utili quasi solo per tre categorie: ricchi stronzi, altri critici gastronomici ed altri cuochi che gestiscono ristoranti per le categorie di cui sopra.
- Basta con questi pochi eletti che si parlano addosso, si riproducono tra loro e mangiano in posti dove la prenotazione è solo un surrogato dell’idea di accessibilità democratica. L’Italia è piena di tante trattorie e ristorantini, specie nei borghi ove si mangia divinamente e genuinamente con prezzi modici, e pure non sono in nessuna guida.
- Chi fa il critico dovrebbe fare solo il critico. Non organizzare festival e fare l'impresario. E’ una categoria da prendere con le molle anche quando, ottimi professionisti, sono però pieni di idiosincrasie, di odi e amori per questo o quel piatto, con piccole simpatiche manie ma pericolosi come i serpenti.
- E’ anche ora di finirla o quanto meno saper distinguere con questa marea di tuttologi, di televisioni sponsorizzate in cucina con false gare spesso preparate dietro le quinte, di intenditori che su face book imperversano a parlare di cucina, cibo, vini, od i tanti blogger con sottili sponsor finanziari che mistificano con furbizia, od ancora di chi tra loro va in giro giudicando solo il lusso ma, sarebbe da chiedersi, con quali soldi per girare.
- Le nostre “Tavole Ammutinate” sanno di incontri con un vino come con un piatto, ove il cervello s’acqueta avvicinandoci senza alcun preconcetto, aspettativa o pensiero fuorviante, ma lasciandosi guidare dai propri sensi e che questi frughino in quel magnifico archivio olfattivo-emozionale che c'è nell' “hard disk della nostra mente” e che a un certo punto ci diranno "mi emoziona o non mi emoziona", per chi sa ascoltare e distinguere.
- Ricordiamo, con qualche umana mestizia, che lo chef spagnolo Ferran Adrià, pur pioniere per certi versi, ha comunque chiuso con i suoi additivi chimici, e che dieci anni fa Bernard Loiseauin nella Borgogna si suicidava pensando di perdere una delle sue stelle per la sua cucina giudicata “senza anima e carattere”.
- Il nostro Manifesto invece, con quanto sapremo generare, vuole raccontare di contenuti e descrizioni di ristoratori, produttori, albergatori, vignaiuoli ed itinerari in località soprattutto minori, parlando di protagonisti particolarmente poco noti od intenzionalmente “omessi e sconosciuti” ma che sanno generare piacere e gusto in tavola coniugati con l’emozione d’una filosofia per niente mercenaria.
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